LA PITTURA DEI PRIMITIVI FIAMMINGHI

Jan Van Eyck - Polittico di Gand - Gli Angeli CantoriAll’inizio del Quattrocento, contemporaneamente alla Rinascita fiorentina, si sviluppa nelle Fiandre la grande pittura dei Primitivi Fiamminghi. Ma mentre in Toscana il rinnovamento artistico verte sulla centralità dell’Uomo secondo i concetti dell’Umanesimo, nelle Fiandre la ricerca si rivolge soprattutto alla realtà intorno all’Uomo: la pittura fiamminga è ancora legata a concetti e schemi medioevali secondo i quali l’Uomo e tutta la realtà dipendono da Dio. 

Questo fenomeno di forte rinnovamento e sviluppo artistico nasce da particolari condizioni politiche, economiche e culturali ma, forse, la straordinaria fioritura artistica sia in Toscana che nelle Fiandre, nasce, come vedremo in seguito, da una stessa causa, dalla diffusione nell’Europa occidentale della cultura bizantina.

Politicamente le Fiandre, che corrispondevano a gran parte dell’attuale Belgio, appartenevano al Ducato di Borgogna poiché nel 1383 Filippo l’Ardito, fratello del Re di Francia e primo Duca di Borgogna, aveva sposato la figlia ed erede del Conte di Fiandra, in realtà però queste terre godevano di grande libertà e autonomia. Bruges, Gand, Bruxelles, Anversa, Tournai, erano città prospere e vivaci che fruivano della ricchezza accumulata col commercio nei due secoli precedenti, da considerare i veri secoli d’oro delle Fiandre.Queste città potevano ora, all’inizio del Quattrocento, investire nell’arte le loro grandi riserve, attraverso la committenza della nobiltà e degli alti funzionari, degli amministratori locali, delle Corporazioni, degli ecclesiastici e soprattutto dei Duchi di Borgogna che ne erano diventati i Signori.

In precedenza, nella seconda metà del Trecento, gli artisti fiamminghi erano migrati in Francia presso le corti degli aristocratici di sangue reale; si trattava essenzialmente di miniaturisti, primi fra tutti i fratelli De Limbourg, che operavano nello stile gotico internazionale ed erano certamente venuti in contatto con l’arte italiana, diffusasi da Avignone al tempo in cui la città era stata sede papale. Ma nel 1415 un evento bellico di grande rilievo, la disastrosa battaglia di Azincourt, nell’ambito della Guerra dei Cento Anni fra Francia e Inghilterra, decimando il fiore della nobiltà e della cavalleria francese, aveva causato lo spopolamento e l’impoverimento delle corti e costretto gli artisti fiamminghi a ritornare in patria, al seguito dei grandi mercanti e banchieri italiani che avevano abbandonato Parigi per Bruges e per le altre ricche città delle Fiandre. 

La pittura fiamminga prima di Jan Van Eyck non aveva avuto grandi protagonisti, salvo che nel campo della miniatura; le pochissime opere rimaste in Belgio e in Francia, strettamente legate allo stile gotico internazionale, sono di livello piuttosto basso.

Come osserva Leo Van Puyvelde, uno dei primi studiosi della pittura fiamminga, i caratteri peculiari di questa arte sono l’oggettività, intesa come realismo e naturalismo, mai però privo si simbolismo e di poesia, la spiritualità, in rapporto con la religiosità popolare concretizzata nel movimento riformista della Devotio Moderna, e la sincerità, intesa come linguaggio semplice e familiare tale da essere capito da tutti. Per ciò che riguarda la tecnica dei pittori fiamminghi, questa è di altissimo livello, a partire dai colori che usano quale legante l’olio di lino e sono esaltati dalla sovrapposizione successiva delle “velature” , cioè stesure di colore diluito con solventi particolari. Insieme alla preparazione bianca della tavola di supporto, i colori ad olio e le velature donano ai dipinti dei Primitivi Fiamminghi una particolare luminosità e trasparenza. Le tavole di supporto, preparate accuratamente insieme alla cornice, che spesso ne è parte integrante (su questa veniva scritto il nome dell’autore e l’anno di esecuzione), sono tutte in quercia del Baltico chiamata però sempre “quercia d’Olanda”. 

Non è da trascurare l’opera di severo controllo da parte delle corporazioni d’arte e mestieri sulla produzione di carpentieri, falegnami, decoratori e pittori che fu determinante nell’ottenere quella esecuzione così curata e minuziosa che caratterizza le opere dei Fiamminghi. La pittura fiamminga venne conosciuta presto in Italia in particolare a Napoli dove i sovrani Angioini e Aragonesi, anche per motivi familiari e dinastici, furono collezionisti sensibili di opere d’arte francesi e fiamminghe, e in Sicilia dove i dipinti arrivavano sulla scia dei rapporti commerciali molto intensi, basati soprattutto sull’esportazione di seta ed arance dalla Sicilia (non è raro vedere in una tavola fiamminga, sullo sfondo di un interno domestico, questi frutti dorati posti sulla mensola di un caminetto). 

I pittori locali però, ad eccezione di Colantonio a Napoli e del grande Antonello da Messina, non furono molto influenzati dallo stile di questa pittura del Nord che invece fu molto apprezzata dai collezionisti. Per quanto riguarda il nord Italia, si ha conoscenza del passaggio e del soggiorno di grandi pittori fiamminghi: Petrus Christus alla corte sforzesca di Milano, Roger Van der Weyden alla corte estense di Belfiore (Ferrara), di Giusto di Gand presso i Montefeltro di Urbino.
E’ ben documentata altresì la presenza di Zanetto Bugatto, pittore lombardo, nella bottega di Rogier Van der Weyden a Bruxelles dove l’aveva inviato, a sue spese, Bianca Maria Sforza. 

Le influenze reciproche e gli scambi fra artisti italiani e fiamminghi furono molti e durarono a lungo; la scuola ferrarese in particolare testimonia con evidenza l’influsso della pittura nordica e gli stessi Leonardo e Raffaello dimostrano di aver avuto conoscenza della tecnica e dell’iconografia fiamminghe. Gli studi in proposito devono però essere ancora approfonditi. Il primo e il più grande dei Primitivi Fiamminghi è indubbiamente: Jan Van Eyck

Segue...

Ho amato la pittura fiamminga da quando ho cominciato a guardare i quadri. Mi affascinavano le linee eleganti del disegno da miniatura gotica, mi piacevano i colori forti e complementari, la luce diffusa sui volti e sui tessuti preziosi, l’atmosfera rarefatta e silenziosa di profonda spiritualità.

Ebbi nel corso degli anni la fortuna di studiare in Belgio, la patria dei grandi pittori fiamminghi, e qui potei approfondire le mie conoscenze in materia. In seguito vi tornai spesso per migliorare la mia preparazione e partecipare con lavori miei a convegni internazionali. Ebbi buoni Maestri ai quali penso con molta gratitudine, come pure provo molta gratitudine per la mia Maestra che dall’Italia mi inviò a studiare nelle “Fiandre”.

M. Giuseppina Malfatti Angelantoni

Il Centro Culturale Mediolanense Studium è un’istituzione privata fondata nel 1992 da M. Giuseppina Malfatti Angelantoni con lo scopo di diffondere la conoscenza della Storia e della Storia dell’Arte attraverso corsi, seminari, conferenze, visite guidate e viaggi.